Perdetevi nella bellezza della Sabina, terra unica e ricca di sorprese. Dall’itinerario degli Angeli alla Rieti sotterranea. Da Fara in Sabina all’ Olivone di Canneto.
Iniziamo da Santa Maria, la Cattedrale di Rieti, e dagli Angeli che la ‘arredano’. Passeggiando nella Chiesa incontriamo l’Angelo Custode di Andrea Sacchi, gli angeli dell’ovale dell’Immacolata Concezione, scolpiti dal Bernini sull’altare di santa Barbara, e infine gli angeli di Antonino Calcagnadoro, che decorano l’intera cappella del Crocifisso.
Proseguiamo fino alla settecentesca chiesa di San Rufo, nella piazza nota anche per essere il centro d’Italia. Almeno così recita lapide. Entriamo per ammirare un altro angelo, Tobia e l’Angelo, attribuito Caravaggio, poi assegnato allo Spadarino, al secolo Antonio Galli. Forse il dipinto più importanti di Rieti.
A Piazza Mazzini ecco che un altro Angelo caratterizza il Monumento ai caduti.
E ancora un Angelo è nella chiesa di San Giovenale, nel bassorilievo Il Genio della Morte. E’ opera di Thorwaldsen, lo scultore danese neoclassico, considerato il miglior allievo del Canova.
Non dimentichiamo alla fine l’Oratorio di San Pietro Martire che racchiude un grandioso affresco raffigurante il Giudizio Universale, opera realizzata dai fratelli Lorenzo e Bartolomeo Torresani. Gli Angeli certo non mancano.
Rieti nasconde anche un affascinate mondo sotterraneo: l’ingresso è a Via Roma, vicino alla statua della Lira, curiosa opera composta con 2 milioni di monete di vecchie monete da 200 lire. Accompagnati da una guida, iniziamo l’itinerario nel passato di via d’acqua e porto fluviale di Rieti, considerata la “Venezia d’acqua dolce”.
Appaiono subito i resti del viadotto del III secolo a.C., costruito dai Romani sul fiume Velino perché sull’antica Via del Sale, la Salaria, si potesse raggiungere Rieti evitando allagamenti ed impaludamenti. Inglobato nei sotterranei di alcune nobili dimore reatine, il ponte è davvero imponente, con grandi fornici di travertino a sostegno del piano stradale della Salaria.
Illuminato da lanterne l’itinerario prosegue fino ai meravigliosi sotterranei di Palazzo Vecchiarelli, il teatro in pietra di Rieti. Qui una scala elicoidale disegnata dal Bernini, permetteva di risalire dal piccolo porto d’attracco ai piani superiori.
Si risale in superficie passeggiando nel Medioevo, tra i vicoli del centro storico, archi, volte, pietre ricche di storia.
Un piccola deviazione a Canneto, per ammirare l’Olivone millenario: è una delle piante più antiche e grandi d’ Europa, uno straordinario monumento naturale di 15 m, ci vogliono 5 persone per abbracciarlo e la chioma è enorme.
Proseguiamo ora fino a Fara in Sabina, borgo medievale di ripide stradine, silenziose, senza automobili, invase dal profumo dell’Antico Forno tardo Rinascimentale, al piano terra del Monte Frumentario, che lavora il pane come una volta, con gli stessi gesti e gli stessi ingredienti, a partire dal lievito naturale.
Soste d’obbligo: il Museo Archeologico, con i reperti dell’abitato di Cures e della necropoli di Eretum, dove lo scavo di una tomba ha restituito un incredibile trono, di terracotta rosata, unico al mondo; e il Museo del Silenzio. Con un progetto, innovativo nel linguaggio e nella struttura, è stato musealizzato un concetto: il silenzio. Quello delle suore di clausura, perpetuo. L’esperienza è indimenticabile. All’uscita da non perdere è il panorama sui colli romani, visibilissimi.
Ancora qualche chilometro ed ecco il borgo di Farfa, in un natura verdissima. Casette basse con la bottega artigianale al piano strada dove trovare biscotti, ceramiche e tessuti, prodotti con un antico telaio del ‘600, oltre a un’erboristeria con i migliori prodotti alimentari e di cosmetica dei monasteri e delle abbazie d’Italia e d’Europa.
Abbazia di Farfa
Per concludere la scoperta della Sabina, tanto amata da san Francesco, tappa d’obbligo è il sito archeologico delle Terme di Vespasiano, vicino a Cittaducale Le sorgenti di acqua sulfurea, benefica e terapeutica, erano apprezzatissime dai Romani. E Vespasiano le sfruttò costruendo una villa con impianto termale.
Ancora oggi stupiscono la grandezza della piscina, 60 x 34 metri, dei quattro terrazzamenti lunghi 400 m che la circondano, del ninfeo dal quale sgorgava la sorgente calda e curativa, usata anche dai soldati che rientravano dalle vittoriose campagne militari.
Nei pressi il piccolo Lago di Paterno, di acque sulfuree fresche in superfice, dove si può fare il bagno.